Fatti essenziali e iter
Con lettera del 28.11.2018 l’AIAS – Sezione di Acireale – intimava alla dipendente licenziamento per giusta causa per avere rivolto al superiore gerarchico un epiteto gravemente offensivo, in presenza di altra collega e in reazione a una direttiva operativa. Il Tribunale di Catania, in fase sommaria e poi in opposizione, annullava il licenziamento ritenendolo sproporzionato e riconducibile a sanzione conservativa (art. 18, co. 4, L. 92/2012). La Corte d’Appello di Catania, con sentenza n. 857/2023, riformava integralmente: la condotta integra grave insubordinazione (art. 32, lett. v, CCNL AIAS) e, in via concorrente, rientra nell’alveo dei “litigi/ingiurie” (art. 32, lett. aa). La lavoratrice proponeva ricorso per cassazione articolato su cinque motivi; l’Associazione resisteva. La Cassazione Civile Sez. Lav. con sentenza n. 21103 del 24 luglio 2025 ha rigettato il ricorso, confermando la legittimità del licenziamento e la condanna alle spese (€ 4.000 oltre 15% e accessori), con ulteriore contributo unificato ex art. 13, co. 1-quater, d.P.R. 115/2002.
Quadro normativo e limiti del sindacato di legittimità
Art. 2119 c.c. (giusta causa): clausola generale da integrare mediante standard giurisprudenziali e valori dell’ordinamento, anche desumibili dal CCNL applicabile.
Art. 18 L. 92/2012: tutela reale solo in ipotesi tipizzate; in difetto, prevale il regime espulsivo legittimo o la tutela indennitaria.
Art. 32 CCNL AIAS: tipizzazioni disciplinari a valenza esemplificativa, non tassativa.
Art. 360, co. 1, nn. 3 e 5 c.p.c.: inammissibile la mescolanza di censure eterogenee sulla medesima questione; il n. 5 riguarda l’omesso esame di un fatto storico decisivo, non la rilettura delle prove.
Motivi della lavoratrice e decisione
1) Errata interpretazione dell’art. 32, lett. aa, CCNL (plurale = reiterazione). Esito: irrilevante. La sentenza d’appello poggia autonomamente sulla grave insubordinazione ex lett. v, integrata dall’ingiuria rivolta al superiore durante l’impartizione dell’ordine e in presenza di terzi.
2) Insussistenza della giusta causa per difetto di gravità (anzianità, disagio). Esito: infondato. La Corte territoriale ha applicato correttamente gli standard di lesione del vincolo fiduciario, valorizzando natura dell’offesa, contesto funzionale, platealità e rifiuto di conformarsi all’ordine. Valutazione di merito, logicamente motivata.
3) Omesso esame di documenti interni (note/dichiarazioni). Esito: inammissibile. Non è dedotto un fatto storico decisivo trascurato; si sollecita una rivalutazione probatoria, preclusa in sede di legittimità.
4) Recidiva illegittima (art. 7, co. 8, Stat. lav.). Esito: non decisiva. Il licenziamento è sorretto dalla gravità intrinseca dell’episodio 2018. Il precedente 2016 è richiamato solo quale indice sintomatico della tendenza a trascendere nei toni, senza automatismi sanzionatori.
5) Spese (art. 91 c.p.c.). Esito: confermate per la regola della soccombenza.
Ratio decidendi
La condotta è qualificata come ingiuria al superiore contestuale a rifiuto dell’ordine e compiuta in presenza di terzi: non mero diverbio, ma lesione dell’assetto gerarchico e dell’affidamento organizzativo. La gravità unitaria (contenuto verbale degradante, contesto lavorativo, platealità, disvalore funzionale) supera la soglia della sanzione conservativa e integra giusta causa di licenziamento ex art. 2119 c.c., alla luce del CCNL.
Sul piano del controllo di legittimità, la Cassazione ribadisce che:
la specificazione della clausola generale è attività giuridica sindacabile ex n. 3 solo per errori di diritto;
l’applicazione concreta degli standard al caso è giudizio di merito insindacabile se sorretto da motivazione non apparente;
il n. 5 esige un fatto storico decisivo non esaminato, non la diversa pesatura delle risultanze.
Principi utili
Le tipizzazioni disciplinari del CCNL sono esemplificative: la giusta causa di licenziamento può essere ravvisata anche oltre la lettera, in coerenza con gli standard giurisprudenziali.
Ingiuria grave al superiore, specie se contestuale a un ordine e davanti a terzi, integra grave insubordinazione idonea a sorreggere il licenziamento in tronco.
È inammissibile la sovrapposizione dei vizi ex art. 360, nn. 3 e 5 c.p.c. sulla medesima questione; l’omesso esame non coincide con la richiesta di nuova valutazione delle prove.
La recidiva oltre il biennio non opera automaticamente; un precedente può essere considerato solo come elemento descrittivo della personalità professionale ai fini della proporzionalità.
Dispositivo
Ricorso rigettato; licenziamento confermato; ricorrente condannata alle spese (€ 4.000 oltre spese generali 15% e accessori) e all’ulteriore contributo unificato ex art. 13, co. 1-quater, d.P.R. 115/2002.