Licenziamento per Assenza: La Cassazione Conferma la Linea Dura

Il caso in esame

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6133 del 7 marzo 2025, ha affrontato il caso di una lavoratrice, dipendente di un'ASL, licenziata per assenza ingiustificata dal lavoro. La lavoratrice aveva chiesto l'annullamento del licenziamento sostenendo di aver presentato istanza di congedo per cure ai sensi dell'art. 7 del d.lgs. n. 119 del 2011. Tuttavia, tale istanza non era stata corredata dalla certificazione medica prevista dalla normativa, né il congedo risultava espressamente autorizzato dal datore di lavoro.

Il ricorso è stato respinto sia in primo grado dal Tribunale di Lecce, sia in appello dalla Corte d'Appello di Lecce. La lavoratrice ha quindi proposto ricorso per cassazione, lamentando la violazione di diverse norme, tra cui il d.lgs. n. 165 del 2001 e il d.lgs. n. 119 del 2011.

La decisione della Corte di Cassazione

1. L'assenza ingiustificata e il licenziamento disciplinare

La Suprema Corte ha confermato la legittimità del licenziamento, sottolineando come l’art. 55 quater, lett. b), del d.lgs. n. 165 del 2001 preveda la sanzione disciplinare del licenziamento per assenze ingiustificate superiori a tre giorni in un biennio. Nel caso in esame, la lavoratrice non aveva fornito una valida giustificazione per le assenze, poiché non aveva presentato la certificazione medica richiesta dall’art. 7 del d.lgs. n. 119 del 2011, che deve attestare la necessità delle cure.

2. L'irrilevanza della documentazione successiva

Un punto chiave della decisione è stato il rigetto della tesi della lavoratrice secondo cui il successivo invio di una certificazione medica avrebbe potuto sanare l’assenza della documentazione iniziale. La Cassazione ha ribadito che la certificazione medica deve essere preventiva e non può essere sostituita da documentazione successiva. Inoltre, ha escluso la possibilità che il silenzio del datore di lavoro sull’istanza di congedo potesse equivalere a un’accettazione tacita della stessa.

3. La proporzionalità della sanzione

Un altro aspetto centrale del ricorso era la presunta sproporzionalità del licenziamento rispetto alla condotta contestata. La lavoratrice ha sostenuto che la Corte d'Appello non avrebbe adeguatamente valutato la gravità dell'infrazione. Tuttavia, la Cassazione ha respinto tale argomentazione, evidenziando che il giudice di merito aveva esaminato in dettaglio la questione e aveva motivato adeguatamente la decisione, ritenendo la condotta della lavoratrice caratterizzata da "inescusabile negligenza".

Il principio affermato dalla Cassazione

La Cassazione ha ribadito che, in tema di congedo per cure nel pubblico impiego, l’assenza dal lavoro è giustificata solo se la domanda del lavoratore è corredata da un’idonea certificazione medica preventiva rilasciata da un medico convenzionato o da una struttura sanitaria pubblica. Non è sufficiente presentare successivamente una documentazione attestante l’avvenuta cura, né si può ritenere che il datore di lavoro abbia concesso il congedo in modo tacito.

Conclusioni

Questa sentenza offre importanti spunti di riflessione in materia di licenziamento disciplinare per assenza ingiustificata nel pubblico impiego. Essa conferma l’orientamento rigoroso della giurisprudenza in merito alla necessità di una puntuale documentazione preventiva per la fruizione del congedo per cure, escludendo qualsiasi forma di sanatoria postuma. Inoltre, ribadisce la rilevanza del rispetto delle formalità procedurali da parte del lavoratore, pena la perdita del diritto al congedo e l’applicazione di sanzioni disciplinari gravi, come il licenziamento.